Carissimi
amici,
Tento
di scrivervi due righe per farvi gli auguri di Buon Natale.
Veramente
mi ero ripromesso di mantenere un contatto più frequente con
voi... ma vedete bene che mi riesce difficile mantenere queste
promesse! Avrei bisogno di più tempo e di più...Pace.
Non è facile trovare nè l’uno nè l’altra.
E allora eccomi qua, con l’anno che mi tramonta appresso, senza
quasi che me ne renda conto, se non fosse per la costatazione dei
miei limiti fisici che vanno in crescita! Normale, del resto, e non
me ne lamento.
Certo
il tempo che vola via mi lascia l’amaro in bocca per le cose
che mi ero proposto di mettere in cantiere e che invece mi ritrovo
continuamente a rimandare. E’ un vero cruccio! Ma lasciamo da
parte il tema, tanto non ne ricaviamo nulla.
L’anno
che se ne va ci porta una volta ancora la gioia del Natale. Per me è
sempre un tempo di meditazione benefica per lo spirito, e vorrei,
anche se in poche righe veloci, condividere con voi i pensieri e le
emozioni che anche questo Natale deposita nella mia mente e nel mio
cuore.
Associo
con sempre maggiore immediatezza le realtà che vivo giorno
dopo giorno con il mistero dell’infinita tenerezza di Dio che
il Natale ci conduce a meditare.
Provo
in questo tempo a riscoprire il senso del dolore che mi circonda,
della fatica di vivere di tante persone che qua, a Zumbahua, popolano
in numero considerevole il territorio affidato alle mie cure
pastorali. Colgo ad ogni passo situazioni che mi lasciano con il
fiato sospeso e senza la capacità di razionalizzarle e a corto
di immediate risposte.
Così
la bimbetta di 6 anni che vedo piangere disperata lungo il fangoso
sentierino che dalla strada principale porta in alto verso il paramo
dove vive. Mi obbliga a fermarmi lo scorgere accanto alla piccola la
persona del suo nonno, stramazzato a terra all’improvviso,
morto di un infarto massivo. Vivevano soli il nonno e la bambina...
L’emigrazione crea tante di queste situazioni. E ora viene
Natale a depositare nell’anima di una tenera creatura una
sofferenza enorme, sproporzionata.
Oggi
son dovuto scendere a Latacunga. Troppe cose accumulate e in attesa
del mio tempo per risolverle. Quanto correre, cari amici! (in un anno
la mia macchina registra quanta strada ho fatto: oltre 66.000 Km, e
non vi racconto le condizioni di tante strade delle mie comunità!).
Oggi quindi dopo la mattinata di confessioni, prima per i ragazzi
della scuola di avviamento e poi per la comunità della Cocha,
sono sceso in città. Ho fatto più lentamente del solito
i 65 Km che ci separano da Latacunga. Lentezza dovuta per un lungo
tratto di strada a una nebbia fittissima (mi riportava il pensiero a
certi nebbioni invernali in Valpadana) e per il secondo tratto di
strada una pioggia e grandine violente. Ma avanzavo pensando che la
pioggia non veniva dal cielo: era di “produzione locale”,
andavo tra le nubi sul filo dei 4000 metri! Scorgevo a stento le
“choze”, le capanne di terra e paglia che popolano in
gran numero ancora questi pascoli desertici a quelle altezze, in un
freddo gelido. Scorgevo, rannicchiati sotto la misera protezione di
un poncho sdruscito e un cappello, ereditato da mille battaglie,
bambini in tenera età a custodire le greggi... nonostante la
pioggia. Mi nasceva spontaneo associare queste piccole creature alle
figure dei pastori della notte di Natale, anche loro all’addiaccio...
Voglia di portarmeli dietro quei bambini e cercare per loro le vie
della consolazione, del sorriso perso da tempo, della speranza, della
gioia... Mi limitavo a offrire loro solo nel cuore un po’ di
tepore, di affetto, di pensieri contemplativi.
E
ci sono pur sempre accanto anche gli anziani soli e malati che mi
fanno una tenerezza profonda anche loro. Sono tanti/e! A un bel po’
di loro stiamo costruendo le case, con il vostro aiuto. Per quanto li
riguarda vi confesso un mio peccato (?!). Ci sono alcune vecchiette/i
che trascinano la loro umanità dolente e decrepita, ogni
domenica fino alla mia chiesa per venire alla Messa. Io non so cosa
ne capiscano, ma so bene cosa capisce di loro il Signore che viene e
si fa presente sull’altare. Allora succede che queste povere
creature che non hanno mai di che sfamarsi e non si sa di che cosa
sopravvivano al di là della mia carità, vengono a
ricevere la comunione e poi si rimettono ancora nella fila per
riceverla di nuovo, è pur sempre un mangiare qualcosa!!!! E io
... torno a dargliela. Ho l’impressione che Gesù ne sia
contento e chiuda un occhio sull’articolo del diritto canonico
e sulle “istruzioni” vaticane!!! Ma poi sono io che ne
esco con le lacrime agli occhi.
E
voi? Vi ripasso sempre, uno per uno, cerco di immaginare il vostro
viso; di molti custodisco nel cuore le pene e le ferite.
Ho
un gran desiderio di rivedervi. Non so esattamente quando potrà
essere. Vedo anche la difficoltà di trovare chi mi sostituisca
qui a Zumbahua dove nessuno vuol venire... Avrò bisogno fra
non molto di un intervento chirurgico alla spalla, perchè il
dolore si sta intensificando e non mi lascia dormire decentemente...
Si vedrà.
Buon
Natale, carissimi. Vi penserò più intensamente in quei
giorni. La mia preghiera per voi è garantita. Vi voglio bene e
vi ringrazio della vostra fedeltà ai poveri.
Non
andate a cercare il Signore lontano, ce l’avete nel cuore con
la vostra generosità.
Vi
giunga, con il mio saluto affettuoso, anche il grazie dei poveri di
Zumbahua, la cui speranza voi, da tanto tempo ormai, cercate di
mantenere viva.
La
benedizione del Signore che nasce vi accompagni in ogni momento.
Un
abbraccio .
pio